Domenica pomeriggio. Radioline accese e sintonizzate ovviamente su “Tutto il calcio minuto per minuto“. Ogni giornata ha il proprio big match, ogni campionato ha il suo che si rinnova di domenica in domenica, di stagione in stagione.
Solo un match rimane invariato per oltre due decenni, ed è proprio una partita che si gioca tra le frequenze delle onde medie. Ameri contro Ciotti è sempre stato il big match della domenica, ascoltato da milioni di appassionati e giocato sul filo delle parole, delle battute sarcastiche, dei sospiri, dei toni di voce che potevano suggerire un fastidio appena accennato. Un match che talvolta ha regalato anche clamorosi epiloghi inaspettati.
Ameri e Ciotti: due pianeti opposti
I due protagonisti di questa velata, ma non troppo, rivalità sono i radiocronisti per eccellenza della storia del calcio italiano. Prima che la tv fagocitasse tutto quanto possibile dal mondo del pallone, erano le loro voci a raccontarci prima di tutti quello che accadeva sui campi della serie A e non solo. E che voci.
Sandro Ciotti: l’istrionico intellettuale prestato al calcio
Sicuramente inconfondibile era il timbro di Sandro Ciotti, giornalista dalla nascita essendo figlio d’arte e cresciuto negli ambienti culturalmente più stimolanti della della Roma egli anni 40/50. Classe 1928, il suo padrino di battesimo è nientemeno che il poeta Trilussa e Sandro si forma studiando sì, ma anche tirando calci ad un pallone, arrivando a giocare con la giovanile della Lazio.
Lo sport e la musica sono le sue passioni più grandi, che riesce a tramutare in lavoro. Seguirà per anni come inviato della Rai il Festival di Sanremo, numerose edizioni di mondiali e Olimpiadi. E proprio nella rassegna a cinque cerchi del 1968 a Città del Messico succede il fatto che segnerà per sempre la sua carriera professionale: a seguito di una lunga diretta sotto una pioggia battente, Ciotti acquisisce quel timbro vocale così caratteristico che inizialmente pareva una condanna e che si rivelò invece la sua fortuna.
Rispetto ad Ameri anche la personalità non potrebbe essere più diversa. Ciotti è uno spirito libero, nella sua vita non si è mai sposato, ama giocare a carte e tirate tardi la sera. Veste in maniera sgargiante, con camicie dal colletto enorme e si diletta a suonare e persino cantare, nonostante la voce. Firma anche come autore alcune canzoni come “Veronica” scritta per Enzo Jannacci.
Questa sua indole si riflette anche nelle radiocronache, sempre caratterizzate da una buona dose di ironia, con utilizzo di termini talvolta desueti o bizzarri tipo “ventilazione inapprezzabile” per indicare una gara in assenza di vento.
Ma su tutto è questa sua voce così grattata, ad un primo ascolto fastidiosa ma poi incredibilmente funzionale, a farlo conoscere al grande pubblico sia in radio che successivamente in TV con alcune edizioni della Domenica Sportiva.
Enrico Ameri: la qualità al microfono
Tutta un’altra storia Enrico Ameri. Con un microfono in mano e senza. Parliamo di un professionista come ce ne sono pochi, ansioso di natura, talmente tanto da arrivare spesso con tre ore d’anticipo allo stadio per paura di non riuscire a svolgere al meglio il proprio lavoro.
Dal punto di vista tecnico, nello svolgere la sua radiocronaca, l’approccio è totalmente opposto rispetto a quello di Ciotti. Ameri è molto più secco nel suo racconto, che non lascia spazio a svolazzi di immaginazione di nessun tipo. Viene detto quello che è necessario e funzionale al racconto, poche note di colore e molta informazione.
La voce stessa è assolutamente opposta. Tanto particolare era quella di Ciotti quanto impostata e perfetta dal punto di vista della dizione era quella di Ameri. Il ritmo della telecronaca era poi il vero marchio di fabbrica della prima voce di “tutto il calcio“: le parole fluivano veloci ma chiare, non c’era affanno ma ritmo serrato, che coinvolgeva nella partita senza la necessità di affidarsi a urla o esagerazioni di nessun tipo.
Proprio per questo stile così composto, ma allo stesso tempo coinvolgente ed efficace, Ameri fu scelto per un trentennio come prima voce del calcio italiano alla radio, sia per la seria A che per la Nazionale. Ma non solo.
La sua voce ha raccontato imprese sportive indimenticabili come la conquista del mondiale dei ragazzi di Bearzot nel 1982, ma anche eventi epocali come lo sbarco sulla Luna del 1969. Sempre rigorosamente alla radio.
Alla TV Enrico Ameri ha prestato raramente il volto, ma si può iscrivere ad una sua idea la nascita del Processo del lunedì, affiancato da Aldo Biscardi che diede poi il suo nome al programma negli anni successivi.
La rivalità alla radio
Due personalità così diverse, forti a loro modo, non potevano che generare alla lunga un conflitto.
Il profilo più “istituzionale” di Ameri lo ha proiettato verso il ruolo di prima voce, cosa accettata ma a denti stretti da Ciotti.
Che probabilmente pensava – non senza ragione – di essere maggiormente competente di pallone ma il cui stile era così particolare e raffinato da rischiare di non essere sufficientemente nazional-popolare come richiesto da una trasmissione di così largo ascolto come “Tutto il calcio”.
Di contro Ameri, a detta di Ciotti, vedeva rivali dappertutto, e viveva nella costante ansia di essere scavalcato.
I due quindi si sopportavano, con stile e professionalità. Da persone intelligenti sapevano anche che il loro dualismo era una componente importante del loro successo.
Ma di tanto in tanto la malcelata sopportazione lasciava spazio a qualche indizio della loro reciproca antipatia.
Piccoli esempi come quella della “firma” del servizio: Ameri in radio cronaca non diceva mai “linea a Ciotti” ma dava la linea al campo in cui il suo “secondo” era impegnato. Ciotti era invece tagliente con ironia, e quel gusto ad interrompere anche se sapeva che da li a qualche secondo sarebbe arrivata la linea.
E proprio le interruzioni per i gol, che rappresentavano il sale della trasmissione, erano anche il pepe nel rapporto tra i due.
Il fattaccio
Tutta questa rivalità è esplosa con fragore a causa di un episodio rimasto nella storia della radio e dello sport italiano.
È domenica (ovviamente) 27 aprile 1975. Ameri si trova Torino per la partita di cartello tra Juventus e Lazio. Ciotti è al San Paolo per Napoli-Inter. I partenopei hanno 3 lunghezze di ritardo dalla Juve e sembra una delle ultime possibilità per i napoletani di riaprire la lotta scudetto.
Durante la gara si ripete il solito copione, con Ameri che cede la linea a Napoli anziché a Ciotti. Succede però che l’andamento della gara di Napoli costringa Ciotti a prodursi nelle celebri interruzioni per ben 3 volte nell’arco di 10 minuti.
La terza serve a dire che il Napoli a ristabilito le due lunghezze di vantaggio sull’Inter portandosi sul 3-1 e avviene qualche secondo prima che la linea venga ripassata al San Paolo.
Un po’ maliziosamente Ciotti irrompe nel collegamento esordendo con un “Scusa Ameri, ma evidentemente oggi sono destinato ad interromperti“.
Ameri sembra non scomporsi, termina la frase con la consueta eleganza vocale e cede la linea.
Il resto entra di diritto nella storia della radio e degli episodi della nostra seria A.
Appena Ciotti riprende il collegamento si sente in maniera chiara provenire da Torino, quindi dalla voce di Ameri, un insulto condito da parolaccia.
Lo si scorge così chiaramente che lo stesso Ciotti è costretto ad interrompere la sua radiocronaca e riprenderla al termine dell’improperio.
Ameri si giustificherà dichiarando che l’insulto era rivolto ad un tifoso molesto che tentò di entrare nella cabina di commento.
La Rai incolpò un tecnico reo di non aver chiuso il potenziometro del microfono di Ameri.
Ma in qualsiasi modo la si voglia vedere l’episodio all’epoca fu clamoroso e rimane ancora oggi il simbolo di quella che per oltre tre decenni è stata la rivalità parallela delle nostre domeniche.