Da che mondo è mondo negli ambienti in cui girano fiumi di denaro, non sempre le cose vanno per il verso giusto. Il calcio non viene meno a questa regola.
Dal calcio scommesse, al rapporto tra tifoserie e società, dal doping, quello medico e quello finanziario, ai bilanci gonfiati, sono molteplici gli episodi che hanno gettato fango su una delle passioni più forti del nostro Paese.
Il Venezia a secco di gol
Oggi vogliamo tornare indietro di una ventina d’anni, quando cominciavano i primissimi e timidi preparativi per il capodanno che ci avrebbe portato ai festeggiamenti per l’arrivo del nuovo millennio.
Atterriamo in laguna, dove il Venezia è appena salito in Serie A e non sta attraversato l’inizio del campionato nel migliore dei modi.
La stagione è quella del 1998/99 e l’attacco del Venezia, dopo un girone di andata piuttosto negativo, è alla ricerca disperata della via del gol.
I protagonisti della prima metà del campionato, annunciati in pompa magna dopo la trionfale risalita dal torneo cadetto, sembrano totalmente impresentabili al cospetto dei mostri sacri della Serie A.
Inferno e ritorno
Stefan Schwoch, letteralmente irresistibile la stagione precedente, sembra essere colpito da un morbo inesorabile che lo tieni lontano dal gol come Dracula tiene lontano l’aglio.
La punta titolare riesce a segnare solo due reti, peraltro entrambe su calcio di rigore e in trasferta, una a Udine e una a Firenze contro la Fiorentina.
Durante la campagna estiva arriva tale Kenneth Zeigbo, africano della Nigeria giunto a Venezia con i crismi della punta devastante fisicamente e tecnicamente. Presenze 3, gol realizzati zero.
Nelle retrovie scalpita il giovanissimo Stefano Gioacchini, anch’egli non esattamente un fulmine di guerra, venduto nella finestra di gennaio.
Maniero, Recoba e la rinascita
Le speranze del Venezia, nonostante l’inizio difficilissimo, tornano a fiorire a metà stagione quando Pippo Maniero torna dall’infortunio e, soprattutto, arriva dall’Inter Alvaro Recoba.
L’attaccante di Montevideo cambia totalmente la stagione dei lagunari, disputando 19 partite e segnando 10 gol, tra cui una indimenticabile tripletta con la Fiorentina, questa volta in casa.
Le punizioni segnate nello storico stadio Penzo dell’Isola di Sant’Elena, mandano in un brodo di giuggiole la tifoseria Veneziana e permettono alla squadra di salvarsi con una giornata di anticipo rispetto alla fine del campionato.
Tuta e un gol poco festeggiato
Tra gli attaccanti ci siamo riservati lo sfizio di nominare per ultimo Moacir Bastos.
In Veneto si chiederebbero “E Chi Xeo?”, se non fosse per il piccolo particolare che Moacir Bastos, risponde anche al nome di Tuta, simpatico attaccante brasiliano di Palmital, cittadina dello Stato di San Paolo.
Tuta arrivò dall’Athletico Paranaense e giocò in Italia solo una stagione, quella con il Venezia, appunto, di cui vi stiamo parlando da inizio articolo.
Coi lagunari giocò 18 partite segnando 3 gol, partendo titolare in pochissime occasioni, ma venendo impiegato spesso dall’allora allenatore Walter Novellino negli ultimi spezzoni di partita in cambio di Maniero.
Venezia Bari 1-1, anzi no
Nella prima giornata del girone di ritorno il Venezia riceve in casa il Bari.
È una partita piuttosto importante, le due squadre hanno un bisogno vitale di punti per levarsi al più presto dalla zona retrocessione e, seppure non sia un risultato che risolverebbe tutti i problemi, un pareggio potrebbe andare bene ad entrambe.
La data la ricordano un po’ tutti, tifosi arancio-nero-verde e tifosi bianco-rossi, era domenica 24 gennaio 1999.
L’avvio dei padroni di casa è veemente e Filippo Maniero mette a segno il vantaggio del Venezia quando non sono ancora passati 10 minuti.
Nella ripresa cambia la musica e il Bari pareggia con il centrocampista incontrista Diego De Ascentis, uno che collezionò in Serie A 260 partite e 5 gol.
A Tuta vengono concessi i canonici minuti finali della partita, 13 più recupero per l’esattezza, ma è il 90° il centro focale della partita e, con ogni probabilità, della carriera di Tuta.
Quella gioia incompresa
Arriva una punizione dal versante sinistro dell’attacco veneziano, fischiata da Salvatore Racalbuto di Gallarate, con il conseguente traversone che arriva dritto dritto al centro dell’area, dove un airone ambrato stacca da terra e colpisce non si sa ancora con quale parte del corpo e insacca.
Esultanza, visibilio e pandemonio arrivano dagli spalti dei tifosi veneziani impazziti, è 2-1, una vittoria che rilancerebbe in toto le velleità di salvezza di della squadra di Novellino.
Ma i tifosi gongolano insieme al bomber brasiliano che va a farsi coccolare dal loro calore sotto la sua curva, senza capire immediatamente ciò che invece sta succedendo in campo.
Il solo connazionale di Tuta, Fabio Bilica, si alza dalla panchina e va ad abbracciare l’attaccante di San Paolo, mentre un nugolo di compagni di squadra e avversari si guardano tra di loro esterrefatti.
Il finale è da film dell’orrore, c’è ormai poco tempo per rimettere le cose a posto e la partita termina con la vittoria del Venezia.
Le immagini parlano chiaro: sotto il tunnel che porta agli spogliatoi, Tuta ha il suo da farsi per divincolarsi dagli attacchi verbali e fisici degli avversari, difeso, nemmeno tanto convintamente, da uno sparuto gruppetto di compagni.
Post partita e scenari successivi
L’appendice a quell’episodio è mera cronaca giornalistica.
Al rientro agli allenamenti i giocatori delle due squadre vengono accolti dai propri tifosi nel modo peggiore: insulti, cori che inneggiano al tradimento, rottura prolungata del tifo organizzato.
Maniero la settimana successiva segnerà una doppietta manifestando pubblicamente il suo dissenso verso il comportamento dei suoi tifosi, evitando di esultare.
Già, Maniero. Uno dei più bersagliati perché additato dallo stesso Tuta come uno degli organizzatori di quella che, a detta di alcuni osservatori, era una partita combinata.
Lo stesso brasiliano disse a fine partita che Maniero gli intimò, al momento del cambio, di “non segnare”.
Seguì un’inchiesta della Federcalcio che si risolse in un nulla di fatto, salvò da eventuali sanzioni entrambe le squadre e mise al centro delle polemiche lo stesso Tuta, accusato di “non capire una parola di italiano”.
La vicenda si chiuse definitivamente quando, ascoltato da un Magistrato, Tuta disse di avere frainteso le parole di Maniero.
Il recente passato di Tuta
Rispedito in Brasile, Tuta continuò a giocare fino alla soglia dei 40 anni, segnando in verità un buon numero di gol, seppur non in categorie di primissimo piano.
Un paio di anni prima che la sua carriera calcistica si concludesse, Tuta fece ancora una volta parlare di sé quando la polizia brasiliana lo prelevò nel bel mezzo di un allenamento e lo mise in carcere con l’accusa di non aver pagato gli alimenti alla ex moglie.
Processato immediatamente, il brasiliano venne condannato ad una detenzione di 35 giorni, ma riuscì a fare una sola notte in carcere, pronto a segnare una doppietta nella giornata successiva di campionato.