Forse è vero che nel calcio non esistono più le “bandiere“, quei giocatori nati e cresciuti dentro una sola maglia che rinunciano anche a qualche miglioria personale pur di restare nella loro squadra del cuore. La storia insegna come il più delle volte, la possibilità di una crescita personale ed economica, valga quasi sempre più delle scelte affettive.
Ci sono casi però, in cui il cambio di maglia è stato di quelli che una tifoseria non riesce proprio a mandare giù, indossando i colori della rivale storica magari. Trasferimenti “schock” che hanno scatenato proteste e rivolte di piazza, tanto che a volte si è persino dovuto tornare sui propri passi. Ecco cinque esempi che difficilmente le rispettive tifoserie dimenticheranno mai.
Roberto Baggio: dalla Fiorentina alla Juventus
A ognuno il suo Maggio. C’è chi lo ricorda per uno scudetto perso all’ultimo secondo e chi invece per una notizia di mercato che ha sconvolto una città. Il campionato è finito già da due settimane per consentire la preparazione ai mondiali da disputare nel 1990 proprio nel nostro paese. C’è però una coda importante con la finale di Coppa UEFA da disputare proprio tra la Fiorentina di Roberto Baggio e la Juventus. Vinceranno i bianco neri la doppia sfida e alzeranno la coppa al cielo il 16 Maggio. Due giorni dopo però, la sconfitta più terribile: l’annuncio del suo procuratore Caliendo del passaggio di Roberto Baggio proprio all’odiata rivale per la cifra record di 25 miliardi di vecchie lire.
Una situazione surreale si crea a Firenze, con i tifosi in rivolta di piazza (letteralmente) contro polizia e società, arrivando fino alle porte di Coverciano dove la nazionale (e il divin codino) si stavano allenando. Tensione alle stelle, anche durante la presentazione ufficiale, quando lo stesso Baggio rifiuta di indossare la sciarpa bianco nera scatenando le ire anche dei suoi nuovi tifosi. E’ però la dimostrazione che il passaggio non è proprio volontà del calciatore quanto della società viola e del presidente Pontello, che finisce ancor più sotto il bersaglio delle critiche.
Al suo ritorno al Franchi l’anno successivo il pubblico è diviso a metà tra una calda accoglienza e l’astio per il tradimento, eppure proprio in quel palcoscenico si consuma un gesto d’amore difficilmente ripetibile. Rigore per la Juve, Baggio è il tiratore designato ma si rifiuta (la motivazione sarà poi di aver di fronte un Mareggini che lo conosce troppo bene) e al momento della sostituzione raccoglie persino una sciarpa viola lanciata dai suoi ex-tifosi mettendosela al collo sopra la maglia bianco nera. Difficile davvero non volergli bene, anche per gli Ultrà juventini che comunque riceveranno in cambio qualcosa come 78 reti in 141 partite, oltre alla possibilità di vedere i suo lampi di classe nel periodo migliore della sua carriera.
Beppe Signori: il “non” passaggio dalla Lazio al Parma
E se parliamo di rivolte di piazze al momento del trasferimento, in prima fila non possiamo che mettere i tifosi della Lazio, che nel 1995 riuscirono nell’impresa di far saltare un affare già concluso. Sergio Cragnotti infatti aveva già deciso la vendita dell’attaccante, spinto dalla super offerta del Parma che aveva messo sul piatto 25 miliardi di ragioni (gli emiliani del resto avevano appena ceduto Asprilla per 17, e Signori era sul mercato l’unica alternativa rimasta possibile dopo il rifiuto per Batistuta e Baggio).
Nessuno a parte lui però, sembra volere davvero questa soluzione. Non Dino Zoff che da presidente sa quanto la cosa non sarebbe gradita ai suoi tifosi, nè tanto meno Zeman che a Signori era legato da un filo indissolubile. E nemmeno l’attaccante del resto, che dopo tre stagioni a suon di gol (75 in 105 giocate) è l’idolo della curva.
Ed è proprio la curva a scatenare i primi dubbi in Cragnotti, quando scesi in piazza a migliaia si sono presentati alle porte della “Cragnotti & Partners” in Piazza Barberini tra slogan e cori molto duri e scene di rivolta esplicite a beneficio dei media come litri di latte Parmalat versato per strada. Sufficiente a bloccare la trattativa e regalare altre due splendide stagioni in bianco azzurro per Signori, che chiuderà con 107 centri la sua esperienza romana.
Figo dal Barcellona al Real Madrid
Quando si parla di accaparrarsi grandi campioni, non si va mai molto per il sottile. Nemmeno se lui è Luis Figo, colonna del Barcellona che si appresta al passaggio schock verso gli acerrimi rivali dei blancos del Real Madrid. Per di più nel pieno della sua carriera, in quel 2000 che lo vedrà poi vincere il pallone d’Oro.
Cifra record sborsata per lui, ben 140 miliardi di lire, che Florentino Perez ha sborsato per dare al suo Real un pezzo da novanta. Risvolti di ogni tipo dietro questo passaggio storico, compresa una clausola che lo stesso figo rivelerà poi a carriera finita, secondo cui nel pre accordo stipulato avrebbe dovuto sborsare una cifra considerevole nel caso di fallimento della trattativa. E se la sono legata al dito anche i tifosi del Barca ovviamente, che due anni più tardi arrivano persino a lanciare una testa di maiale (si, avete letto bene) in piedi di Figo mentre doveva battere un calcio d’angolo.
Ronaldo: dall’Inter al Milan (passando da Madrid)
Arrivato in maglia nero azzurra nel ’97 a seguito dell’acquisto più oneroso della storia del calcio (i 48 miliardi della clausola rescissoria), quella prima stagione segnò anche un innamoramento immediato della tifoseria per quello che era uno dei campioni più cristallini mai visti da quelle parti. Il Pallone d’Oro e la Coppa UEFA vinta in quello stesso anno facevano pensare all’inizio di tanti altri successi insieme. Invece così non accadde, anzi, i tanti infortuni ne limitarono l’utilizzo e ne compromisero in maniera definitiva alcune delle sue caratteristiche migliori.
Il legame però non è fatto di sole vittorie, ma anche delle pesanti sconfitte, come quella che nel 2002 resterà per sempre nella memoria: ultima giornata, ci si gioca lo scudetto all’Olimpico contro la Lazio che vince per 4-2 lasciando via libera alla Juve che sorpassa l’Inter proprio sul finale. Amarezza che porterà lo stesso Ronaldo a passare al Real durante l’estate (per 45 milioni di altri motivi).
Bisognerà aspettare fino al 2007 poi, per vederlo di nuovo nel nostro campionato, dopo un’altra trafila di infortuni. La maglia però è quella della sponda opposta, e non si può dire che gli interisti l’abbiano presa molto bene. Specialmente se poi durante il primo derby Ronaldo esulta come se niente fosse scatenando ancor di più le ire dei tifosi. Un grande amore finito in malo modo, spento da quei 9 gol in 20 presenze con la maglia del Milan addosso.
Higuain dal Napoli alla Juve: il tradimento del Pipita
Se parliamo però di sentimento popolare, niente in Italia ha forse il sapore amaro di quello che hanno dovuto subire i tifosi partenopei. Perché Higuain a Napoli era considerato un vero e proprio eroe, spinto da quei 71 Gol che ne hanno fatto il capocannoniere nel 2016 (con il record di 36 reti in una sola stagione). Proprio l’anno però in cui la Juventus decide di esercitare la clausola rescissoria da 90 milioni di euro per strapparlo a un De Laurentiis per la verità non proprio così infelice di passare alla cassa.
Distrutte tutte le statuine del presepe con la sua immagine. Gettate nel water le tante maglie azzurre con il numero nove (letteralmente, come postato sui social in quei giorni), bandito per sempre il nome di Gonzalo Higuain dai discorsi tra tifosi: d’ora in avanti sarebbe stato soltanto il “Lota” (il meschino, il traditore, per dare solo i significati più edulcorati). Perché tutto si sarebbe potuto accettare, tranne il passaggio agli odiati rivali di sempre. La beffa proprio in avvio della stagione in maglia bianco nera, con il gol del 2-1 segnato al suo ex-Napoli e una “non esultanza” che non è servita però a placare gli animi (e i fischi) del S.Paolo al ritorno.