Il 6 settembre 2019 un post su Instagram annuncia al mondo il ritiro dai campi di Samuel Eto’o, forse il miglior calciatore africano di sempre, dopo una carriera costellata di successi durata 23 anni. Ma la storia di Samuel Eto’o non è solo la storia di un fantastico calciatore, attaccante letale e capace di vincere il triplete Champions League – Coppa Nazionale e Campionato per due anni di fila con due squadre diverse, ma è la storia di un simbolo di un’Africa che alza la testa e con rabbia rivendica ciò che gli spetta di diritto.
Una frase racchiude alla perfezione lo spirito di Eto’o, pronunciata alla presentazione dopo l’acquisto da parte del Barcellona: “Correrò come un nero per guadagnare come un bianco”. Per tutta la carriera, Eto’o non ha fatto mistero del suo obiettivo di usare il calcio anche come strumento di riscatto sociale, non nascondendosi dietro tanta ipocrisia quando è andato a giocare in campionati e squadre dove non c’era tanto il prestigio quanto i soldi, come l’Anzhi o il Qatar Sport Club dove ha chiuso la carriera: alla domanda di un giornalista rispose, senza tanti giri di parole: “Mi chiede se i soldi hanno inciso nella mia decisione di trasferirmi all’Anzhi? Perché lavoriamo nella vita? Lei per quale motivo lavora? Chi dice il contrario è un ipocrita.”
Gli inizi con il Real Madrid e l’affermazione a Maiorca
Nato a il 10 marzo 1981 a Douala, in Camerun, Samuel Eto’o inizia a giocare a calcio nella squadra locale, l’UCB Duala, ma a 15 anni gli osservatori del Real Madrid lo notano e lo portano in Spagna, aggregandolo alla squadra B della Casa Blanca, con cui però non scende mai in campo. Al termine della stagione 96/97 il Real Madrid B retrocede nella Segunda Division B, dove non è permesso schierare giocatori extracomunitari, di conseguenza viene ceduto in prestito al Leganes, in Liga2. I 3 gol in 28 presenze sono un discreto biglietto da visita che gli valgono la conferma nella rosa del Real Madrid per la stagione successiva, dove debutta in Liga giocando gli ultimi 23 minuti della sfida contro l’Espanyol il 5 dicembre 1998.
Proprio l’Espanyol è la squadra a cui il Real decide di prestarlo qualche settimana più tardi, ma su quella sponda di Barcellona non troverà comunque molto spazio, giocando solo una mezz’ora in Copa del Rey. La stagione successiva riparte nuovamente dal Real Madrid, inanellando solo spezzoni di partita ma esordendo così in Champions League. Nonostante lo scarso utilizzo in camiseta blanca, Samuel entra stabilmente nel gruppo della nazionale camerunense (è il giocatore più giovane presente ai Mondiali di Francia 1998), e a gennaio 2000, dopo che il Real lo cede al Maiorca per 4,5 milioni di euro, parte per giocare la Coppa d’Africa in Ghana e Nigeria. Il Camerun supera un girone in cui tutte le partecipanti finiscono a 4 punti grazie alla classifica avulsa, ma successivamente liquida sia Algeria che Tunisia per 3-0, con gol di Eto’o in entrambe le partite, per arrivare a vincere la finale contro i padroni di casa della Nigeria ai rigori.
Tornato in Spagna con il titolo di campione d’Africa, Samuel si impone come titolare nell’attacco maiorchino, chiudendo la stagione con 6 gol in 13 presenze, per poi guidare la selezione olimpica camerunense alla conquista dell’oro nelle Olimpiadi di Sidney. Nelle tre stagioni successive la Spagna impara a temere questo attaccante che non impressiona tanto per potenza quanto per il tempismo dei suoi inserimenti in area e la rapacità con cui si avventa su ogni palla utile per essere trasformata in rete, e nella stagione 02/03, oltre a vincere nuovamente la Coppa d’Africa con il Camerun, trascina il Maiorca alla vittoria della Copa del Rey, firmando la doppietta che sancisce la sconfitta del Recreativo Huelva in finale (dopo aver firmato anche le eliminazioni di Real Madrid e Deportivo La Coruna), giocando negli stessi giorni la Confederation Cup in Francia, funestata dalla morte del compagno e amico Marc-Vivien Foé nel corso della semifinale contro la Colombia.
Barcellona e la consacrazione
Nell’estate 2004 arriva la chiamata del Barcellona, che lo chiama a costituire un tridente offensivo fenomenale composto, oltre che da lui, da Ronaldinho e Messi. Eto’o si rivela il terminale perfetto per concretizzare la manovra offensiva dei due fenomeni che lo affiancano, e chiude la stagione della Liga, vinta dal Barcellona, sfiorando il titolo di Pichichi con 25 gol in 37 presenze, a cui si aggiungono le 4 reti segnate in Champions League. Nella stagione successiva, bissando il successo in campionato, non si lascia sfuggire il titolo di capocannoniere con 26 reti. Rapido e letale in area, Eto’o mette la firma anche nel successo dei blaugrana in Champions League, segnando tra gli altri il gol che pareggia il vantaggio dell’Arsenal nella finale di Parigi, prima del sorpasso firmato da Belletti.
Votato miglior giocatore della finale, Eto’o vive un’estate sugli scudi ma all’inizio della stagione successiva si infortuna al menisco restando fermo per 5 mesi, e chiuderà la stagione con 19 presenze e 11 gol. Nella stagione successiva il principale avversario della finale di Champions di Parigi approda al Camp Nou: Thierry Henry si trasferisce dall’Arsenal al Barcellona per formare un quartetto di attaccanti sulla carta da urlo insieme a Ronaldinho, Messi ed Eto’o.
La stagione invece si rivela deludente, e l’estate successiva il neo allenatore Pep Guardiola, subentrato a Frank Rijkaard, inserisce Ronaldinho ed Eto’o nella lista dei partenti. Ma se il brasiliano approda al Milan, il camerunense rimane nella squadra blaugrana, e si rende protagonista di una stagione memorabile: il tridente composto da lui, Messi e Henry macina record, chiudendo la stagione con 100 gol segnati (36 Eto’o, 38 per Messi e 26 per Henry) e portando il Barça a vincere Liga, Copa del Rey e Champions, con Eto’o ad aprire le marcature nella finale vinta per 2-0 contro il Manchester United a Roma.
Il passaggio all’Inter e il secondo triplete
Nell’estate 2009 il Barcellona vuole Zlatan Ibrahimovic dell’Inter, e per strapparlo alla squadra meneghina offre ben 45 milioni di euro ed il cartellino di Eto’o, che nonostante il rendimento pazzesco della stagione passata non è reputato adatto al gioco della squadra di Guardiola. Eto’o approda quindi alla corte di José Mourinho, con cui aveva polemizzato in maniera molto aspra in seguito ad insulti razzisti ricevuti durante un Chelsea-Barcellona qualche anno prima. I due si chiariscono e nasce un rapporto speciale, che porta Eto’o a sacrificarsi per fare l’attaccante di fascia, lasciando la posizione di centravanti a Diego Milito. Nell’esaltante cavalcata che porta i nerazzurri a conquistare Coppa Italia, Campionato e Champions League, resta emblematica la prestazione di Eto’o nella semifinale di ritorno contro il “suo” Barcellona: dopo il 3-1 dell’andata, l’Inter si ritrova in inferiorità numerica per l’espulsione di Thiago Motta dopo nemmeno mezz’ora di gioco. Per resistere ai continui assalti offensivi dei blaugrana, spinti da un Camp Nou focoso come non mai, Eto’o scende a giocare tutto il resto della partita da terzino sinistro, risultando fondamentale nel limitare il passivo ad uno 0-1 che spalancò le porte della finale di Madrid contro il Bayern Monaco, dove per una volta Eto’o non lasciò la firma delegando alla doppietta di Diego Milito il compito di portare a Milano il trofeo.
Dopo questa stagione trionfale, Mourinho lascia l’Inter per approdare al Real Madrid, mentre Eto’o si ritrova a giocare più vicino alla porta con Rafa Benitez, aumentando considerevolmente il bottino di gol: 37 gol in tutte le competizioni, ad una sola marcatura dai record nerazzurri di Angelillo e Meazza. Nel corso della stagione mette la firma sulle vittorie della Supercoppa Italiana (due gol contro la Roma), del Mondiale per Club (gol in finale contro il Mazembe) e della Coppa Italia (doppietta in finale contro il Palermo), nonostante in campionato l’Inter non partì bene, portando all’esonero di Benitez sostituito da Leonardo appena prima di Natale.
Dopo i trionfi, il giro del mondo (e degli ingaggi)
Dopo 5 anni di successi ininterrotti, Eto’o vive con una certa inquietudine il razzismo che spesso lo circonda negli stadi e per le strade. Molte sue esultanze polemiche finiscono sulle prime pagine dei giornali, così come alcuni alterchi con tifosi del Milan per le strade di Milano. Sazio dei trofei conquistato con le maglie di Barcellona, Inter e Camerun, accetta l’offerta stellare dell’Anzhi Makhachkala, che con i 20,5 milioni di euro a stagione lo rende il giocatore più pagato al mondo. In due anni segna 36 gol in 73 presenze prima che il richiamo di un campionato più competitivo abbia la meglio: nell’estate 2013 ritrova José Mourinho al Chelsea, con cui vive un campionato non troppo esaltante, fatta eccezione per la tripletta che il 19 gennaio 2014 segna la vittoria contro il Manchester United.
La stagione successiva gioca prima per l’Everton, quindi torna in Italia con la maglia della Sampdoria, ma la forma fisica non è più quella adatta ad un campionato di prima fascia. Nel 15/16 sbarca allora in un campionato meno impegnativo ma comunque di medio livello come quello turco, indossando la maglia dell’Antalyaspor, e rivestendone per un breve periodo anche i panni di allenatore ad interim. Nella stagione 16/17 diventa il miglior marcatore della storia del club in Super Lig, con 38 reti, bottino che incrementa a 44 fino al gennaio 2018, quando passa per sei mesi al Konyaspor, mettendo a segno 6 gol in 12 presenze, fondamentali per la salvezza della squadra turca. Nell’estate del 2018 firma con il Qatar Sports Club, mettendo a segno 6 reti in 17 presenza nella Qatar Stars League, prima di annunciare il ritiro dai campi giocati.
Il futuro
Quattro volte eletto calciatore africano dell’anno, l’elenco di premi vinti da Samuel Eto’o è lunghissimo. Appesi gli scarpini al chiodo, sicuramente per lui si apre una rosa di possibilità infinite, all’interno del mondo del calcio o meno. Ahmad Ahmad, il presidente della CAF, la Confederazione Calcistica Africana, ha già annunciato che Eto’o sarà suo assistente insieme ad un’altra icona del calcio africano come Didier Drogba: da giocatore Eto’o fu protagonista di clamorose proteste contro la disorganizzazione e la corruzione dilagante nella federazione camerunense, e non è difficile immaginare per lui un ruolo di spicco nella politica africana del pallone.