“Ai Mondiali il Pontedera”. È il celeberrimo titolo da prima pagina della Rosea, datata 6 aprile 1994. L’attenzione di ogni italiano meno venti – meno quella ventina, cioè, presente nel luogo dell’incontro, a Coverciano – si concentra, all’indomani dell’evento, su quello che è un risultato storico e drammaticamente storico – a livello sportivo, s’intende – per gli Azzurri. Noi altri, abituati a un(a) (s)Ventura di ben altro tipo, quasi ridiamo a sentir parlare di “clamorosa sconfitta”. Ma quel che accade a Coverciano, il 6 aprile del 1994, merita di essere raccontato.
Arrigo contro D’Arrigo
L’Italia di Arrigo Sacchi si prepara al Mondiale statunitense che si giocherà di lì a un paio di mesi. Al di là delle temperature – torride – è una specifica situazione tattica a preoccupare l’Arrigo nazionale: la Norvegia, nostra avversaria nel girone. Così stando le cose, Arrigo chiama D’Arrigo, allenatore del Pontedera, a giocare un’amichevole con il preciso scopo di simulare – fosse anche alla lontana – le possibilità di quel futuro incontro.
Il Pontedera è infatti una squadra che sta giocando un gran bel calcio in C2 – non a caso, salirà quell’anno in C1. Non solo. È il modo di giocare di questa piccola realtà locale a catturare l’attenzione di Sacchi: il Pontedera gioca proprio come quella Norvegia, corta tra i reparti, con un rombo di centrocampo fulmineo e verace, e con un pressing asfissiante che culmina – e parte, in un certo senso – nella tattica del fuorigioco.
Quello che per Sacchi dev’essere un semplice test si trasforma presto un incubo. L’Italia appare stanca, addirittura sfiancata dal fiato sul collo dei ragazzi di D’Arrigo. Quelli di Arrigo brancolano da ogni parte, sfilacciati da quello che oggi chiameremmo gegenpressing. Così, è l’Italia a sembrare il Pontedera, e il Pontedera sembra l’Italia. Ma c’è poco da ridere.
Come il Pontedera si qualificò ad USA 94
Questa la formazione degli Azzurri: Marchegiani (Peruzzi); Panucci, Maldini, Costacurta, Baresi (Negro); Donadoni, Albertini, Conte, Stroppa (Fontolan); Signori (Massaro), Roberto Baggio (Casiraghi). Questa invece quella delle gazzelle granata: Drago; Vezzosi, Rocchini, Balli, Allori; Cecchi, Rossi, Pane; Moschetti; Cecchini, Aglietti. Più Paradiso, Maraia, Pontis, Russo, Coli e Ardito. Arbitro dell’incontro: Pierluigi Collina.
Minuto 19. Aglietti, prima punta del Pontedera, riceve palle spalle alla porta e inventa un assist à là Baggio per Matteo Rossi, lunga chioma e 7 sulle spalle. Maldini è sorpreso dallo scatto, Marchegiani esce ma è beffato da un pallonetto impeccabile della mezzala – già attaccante – granata. Udite udite: 1-0 Pontedera. Meritatissimo. C’è un dettaglio che va evidenziato. Dopo aver effettuato il pallonetto, Rossi cade a seguito dello scontro con Marchegiani; rialzandosi, anziché esultare o accennare alla benché minima reazione – d’altra parte hai appena segnato alla tua stessa Nazione! – decide di allacciarsi le scarpe e puntare un pollice all’insù – d’intesa – con Aglietti, autore dell’assist. Tutto normale, insomma.
“Quel gol fu un capolavoro. Ci allenavamo spesso per farlo e qualche volta riusciva. Ma farlo contro Baresi, Costacurta e Maldini…”.
Francesco D’Arrigo
Passano appena 3 minuti. L’Italia prova a reagire, ma non basta. Non contro questo Pontedera. Angolo dalla sinistra, testa di Rossi, respinta di Marchegiani e tap-in vincente di Aglietti quasi sulla linea di porta. 2-0. “Oh, ho segnato 130 gol in carriera e tutti ricordano quello più facile che neanche va nelle statistiche”.
L’Italia proverà a riaprire i conti nella ripresa grazie al neo-entrato Massaro, che si dimostrerà pericoloso anche sul finale. A nulla servirà il patetico tentativo di allungare il recupero da parte di Sacchi. Altro aneddoto, a proposito di patetici tentativi. Un po’ come quando, da piccoli, l’arbitro era il Mister avversario, ecco, immaginatevi Sacchi che tra primo e secondo tempo chiede che i due guardalinee di Collina vengano sostituti dai collaboratori di Sacchi stesso – uno dei due è Ancelotti; immaginatevi il volto sconsolato – e quantomai accigliato – di Carlo quando, nonostante questo bizzarro e sbilenco tentativo del Mister, si vedrà costretto ad alzare la bandierina – su segnalazione di Collina – a seguito dei continui fuorigioco degli Azzurri. La tattica del Pontedera, insomma, è così ben oliata che a poco servono i sotterfugi sacchiani. La partita finisce 2-1 nonostante un recupero che s’andava allungando di minuto in minuto.
“Ricordo un misto di stupore e consapevolezza. Sacchi chiese di fare 40 minuti a tempo. […] Ci provarono in tutti i modi a pareggiare. Non è un mistero che Sacchi abbia chiesto un recupero lungo. Cinque minuti, poi sei, poi sette…”.
Alfredo Aglietti
Che il Brasile ci sfidi, se ne ha il coraggio!
Tutto molto triste, fuorché il miracolo del Pontedera, storico e irripetibile. Purtroppo, irripetibile. Perché, quando il Brasile batté l’Italia ai rigori al termine di quel caldo e indimenticabile – ahinoi – Mondiale, il Pontedera, attraverso il suo presidente Luciano Barachini, mandò un fax proprio alla federazione verdeoro, chiedendogli di giocare la finalissima contro il Pontedera. Il Brasile, formalmente, accettò, ma poi non se ne fece più nulla – meglio ritirarsi da campioni, senza rischiare di finire sulle prime pagine dei giornali, come gli Azzurri prima del Mondiale.
“Dopo che il Brasile sconfisse l’Italia ai rigori nella finale di Pasadena, scrivemmo un fax alla federazione brasiliana. Per complimentarci, ma soprattutto per invitarli a Pontedera a giocarsi una sorta di ‘finalissima’. Risposero e dissero che sarebbero venuti. Ma non furono di parola…”. Correva quel Pontedera, anche grazie a un preparatore atletico speciale: Alberto Bartali, pontederese doc, oggi alla corte di Fatih Terim al Galatasaray.
D’altra parte, in ogni miracolo c’è sempre un pizzico di dura razionalità. E allora ecco che di quel gruppo, molti sono rimasti nell’orbita calcistica, anche ad alti livelli. Oltre al già citato Bartali, ritroviamo Pane che, dopo una buona carriera nell’Empoli, è da sempre nello staff di Spalletti. Cecchi e Rocchini collaborano con Inzaghi alla Lazio, Rossi è stato a lungo il vice proprio a Pontedera, dove oggi allena Maraia. E spesso va a trovarlo Ardito, che debuttò a 17 anni proprio quel giorno, molto prima di diventare una bandiera di Siena e Torino. Oltre che, come i sopracitati, artefice indiretto di una delle pagine sportive più memorabili – nel bene e nel male – della nostra storia.