Per le vie di Partenope, i guaglioni giocano ancora illuminati da Dio(s). Tra le buche e le strette ramificazioni dei Quartieri Spagnoli, immersi nello splendore teatrale e tuttavia reale dei santini appiccicati sui muri di Napoli, si dribbla e si punta la porta avversaria, immaginata o empirica poco importa, con la stessa passione che negli anni ’80 condusse una città intera ad un doppio trionfo festante e irripetibile.
Mentre Silvio Berlusconi, l’uomo nuovo dell’imprenditoria televisiva italiana, compra il Milan, Ferlaino regala ai tifosi del Napoli un colpo da far tremare le ossa (tanto ai sostenitori azzurri quanto agli avversari): Diego Armando Maradona, dal Barcellona, si accasa al San Paolo.
È l’acquisto del secolo, senza precedenti. «Sono venuto per togliere potere alle squadre del Nord». Ci riuscirà, Dios. Nel giro di pochi anni, i due storici Scudetti (86/87, 89/90), una Coppa Italia e una Supercoppa italiana (86/87 e 90/91) e una straordinaria Coppa UEFA nell’88/89. Insieme a lui, nel trio d’attacco più celebre della storia a Napoli, Careca e Giordano. Argentina, Brasile e Italia unite nel nome di Partenope.
Non che il Milan di Berlusconi sia meno glorioso. Inutile contare i trofei che sotto l’attuale Presidente del Monza i rossoneri sono riusciti a portare in bacheca.
Più utile, invece, rimarcare una rivalità che non ha eguali nemmeno con l’Inter negli anni 80.
Gli anni 80 sono, notoriamente, quelli della sfida tra Napoli e Milan. Con l’inframezzo stellare di Roma ed Hellas Verona e gli sfoghi di Juventus e Inter – col miracolo di Trapattoni, alla guida dei nerazzurri, nella stagione 88/89.
La sfida tra Napoli e Milan è soprattutto quella tra Maradona e Van Basten, tra Careca e Gullit, tra Ferlaino e Berlusconi, tra il Sud che sfiora il dio del calcio con un dito e il Nord che, tronfio d’ateismo pragmatico, riporta il miracolo nella sua dimensione terrena. Dopo la vittoria del Napoli nella stagione 85/86 (reti di Maradona e Giordano, con gol della bandiera di Di Bartolomei per i rossoneri), il Napoli perderà sia l’andata (4-1) che il ritorno (2-3) contro il Milan nella stagione 87/88, quella del primo Scudetto – con Sacchi allenatore – del neonato impero berlusconiano. Si deve attendere la stagione 89/90 per un doppio scontro da Scudetto tra Napoli e Milan, 3-0 all’andata per i partenopei, 3-0 al ritorno per i rossoneri, ma Scudetto a Maradona e popolo napoletano. In mezzo, stagione 88/89, la vendetta del Napoli (4-1) nell’anno del tricolore del Biscione.
Napoli – Milan 4-1: la rivincita di Diego
Molti ricordano quel Napoli come il più forte della storia. Più forte rispetto a quello di due stagioni prima, più forte anche di quello che bisserà il trionfo tricolore nel 1990. D’altra parte, la squadra che quel 27 novembre 1988 passò sopra il Milan come un carrarmato sovietico (4-1 il punteggio finale) riuscirà a vincere la Coppa UEFA al termine della stagione, piazzandosi al secondo posto in campionato, dietro l’Inter dei record allenata a Trapattoni.
Quel pomeriggio Sacchi è costretto ad una formazione sperimentale. Assente su tutti Ancelotti, spazio al giovane Costacurta (22enne), che ricorderà quel giorno per molto tempo ancora.
Fuori anche Donadoni e Gullit, cruciali per la fantasia rossonera. Baresi conduce la difesa, Mussi e Maldini vanno spesso in difficoltà, Rijkaard gioca con più timore di non prendere schiaffi che con volontà di far male: vince il timore, perché il Milan ne prende 4. L’attacco che l’anno prima aveva terrorizzato il San Paolo si mostra quasi del tutto innocuo rispetto alla porta difesa da Giuliani, fatta eccezione per il solito Virdis, che trasforma dal dischetto il gol dell’inutile 3-1 al 65’.
Prima di questo gol, le reti di Maradona, Careca – che si ripeterà al 78’ per la rete del definitivo 4-1 – e Francini avevano messo al sicuro la vittoria per gli uomini di Bianchi. Da menzionare la rete di Diego, che scappa sul filo del fuorigioco male eseguito dalla difesa rossonera per poi eseguire uno splendido pallonetto ai danni di Galli, altissimo ma minuto dinnanzi a quel gigante del calcio mondiale, bassetto ma geniale a sufficienza da intuire le infinite possibilità di un pallone rimbalzante a mezz’aria col portiere in uscita.
La seconda rete poi nasce da un errore di Baresi, commentato da Galliani tra primo e secondo tempo come segue: «un errore così, Baresi, lo fa una volta ogni dieci anni». Fatto sta che il Napoli vince la sfida più attesa dell’anno. Una vittoria che rimarrà negli annali nonostante l’esito finale della stagione, con lo Scudetto nerazzurro e la squadra di Bianchi seconda.
Napoli – Milan 1-5: l’ira funesta di Marco Van Basten
Nella giornata in cui Roberto Baggio ne rifila 4 all’Udinese, Van Basten ripete l’impresa contro il Napoli, per quella che possiamo a ragione definire l’ultima grande sfida tra le due compagini protagoniste negli anni Ottanta di un testa a testa mai più accaduto – almeno fino ai nostri recentissimi giorni.
A pochi giorni dalla festa dei Santi e da quella dei Morti, il Milan seppellisce il Napoli facendosi beffe degli uni e degli altri da buon Diavolo rossonero qual è.
Quel giorno verrà ricordato per sempre come il giorno di Marco Van Basten. Quattro reti in una sola partita, con l’aggiunta del gol di Eranio e il timbro di Zola a sporcarne il dominio sul tabellino di gara.
Chissà, magari Marco si sente a casa quando all’entrata in campo delle due squadre viene avvolto, come i restanti 21 sul rettangolo verde, da una nebbia fitta e cristallina: non quella di Milano, chiaramente, ma quella prodotta dai fumogeni del San Paolo. Comunque sia, l’olandese rientra e calcia con precisione col destro sul primo palo e dopo 6’ già porta in vantaggio il Milan.
Corradini e Galli la combinano grossa, grossissima, e Van Basten ne approfitta per il 2-0 al 26’. Dopo la rete di Eranio, ispirata nuovamente da Van Basten, arriva lo 0-4 dell’olandese 68’ (troppo facile il tap-in) e lo 0-5 al 74’ – su regalo indecente di Massimo Mauro.
Non è più chiaramente il Napoli di Maradona. È invece sempre un grande Milan, ma ad allenarlo c’è Capello: la società ha preferito esonerare Sacchi anziché salutare Van Basten. Chapeau.