Nelle rappresentazioni cinematografiche, le favole finiscono quasi tutte con il classico “e vissero felici e contenti”. Ma chi ha letto le versione originali di queste fiabe, sa che molto spesso il finale è tutt’altro che lieto. La realtà a volte segue quella tragica via, facendoti prima toccare il cielo con un dito, per poi farti piombare a terra. E la metafora è quanto mai veritiera nel caso della Chapecoense, la squadra brasiliana che proprio a un passo dal sogno è stata spazzata via dal destino. Proprio come accadde al Manchester United nel 1958 a Monaco di Baviera, o al Grande Torino di Valentino Mazzola nel 1949.
La storia della Chapecoense
Se dovessimo continuare il paragone fiabesco, la Chapecoense è stata per lungo tempo il brutto anatroccolo del calcio brasiliano. La società nata a inizio anni settanta ha sempre militato a cavallo del Campionato Brasileiro di Serie C senza mai grandi risultati.
Poi dopo aver toccato anche la Serie D nel 2009, la rinascita e la scalata verso la Serie A che avviene nel giro di qualche anno soltanto. E’ il 2013 e la storia della Chapecoense sembra finalmente poter svoltare.
Ancora di più quando negli anni successivi riesce a ottenere un paio di salvezze sofferte ma meritate, fino al 2016 quando nella Coppa Sudamericana riesce ad approdare al tabellone principale partendo dai preliminari (ribaltando la sconfitta dell’andata contro il Cuiabà).
Il tabellone della Coppa Sudamericana
La strada che porterà la Chapecoense al tragico epilogo, è zeppa di incredibili bivi del destino che avrebbero potuto scrivere tutta un’altra storia. Anche se sul momento quella vittoria negli ottavi di finale contro l’Independiente sapeva già di piccola impresa.
Doppio zero a zero sofferto che porta ai calci di rigore. La serie arriva fino all’ottavo penalty. Otto occasioni per cambiare la storia. Fino a quando Tagliafico va sul dischetto e tira preciso sulla destra, ma il portiere Danilo para in tuffo e lo stadio esplode di gioia.
Si arriva ai quarti di finale, ma l’andata è per i colombiani dello Junior che vincono per uno a zero. Il ritorno però è nella bolgia bianco verde e la Chapecoense spazza via gli avversari con un secco 3-0. Siamo ormai già oltre ogni previsione, oltre ogni sogno.
In semifinale gli avversari sono decisamente più quotati, il San Lorenzo, la squadra del Papa. Eppure all’andata i brasiliani riescono a imporre un pareggio per una rete a uno. Il ritorno è pazzesco, con gli argentini che provano in tutti i modi di segnare il gol della vittoria, tra le parate di Danilo che è in ogni dove, e quel palo a portiere battuto che la dice lunga su come alla fine, il destino decida sempre per ultimo.
E’ finale. Si parte per la Colombia (via Bolivia) per giocarsi a Medellin lo storico titolo contro l’Atletico National.
La tragedia
L’entusiasmo è alle stelle alla partenza del volo “LaMia Airlines 2933”. Tanto che alcuni giocatori ne approfittano per girare alcuni video euforici da mandare ad amici e tifosi.
Erano ormai quasi arrivati, soli 50 chilometri dalla destinazione Medellin, quando l’aereo si schianta con le sue 77 persone a bordo, ivi compreso tutta la squadra della Chapecoense.
E’ una strage. Soltanto 6 persone escono vive dalle macerie dell’aereo, di cui 3 gli unici superstiti della Chapecoense (compreso il secondo portiere che però perderà la gamba).
La fenice che non vola più
La gara di solidarietà dopo il dramma è globale. Tutti si muovono per lenire almeno in parte il dolore e soprattutto per ridare vita a una società sparita nel nulla di un disastro aereo.
Si trovano altri 30 giocatori nuovi per andare avanti, un nuovo allenatore (Vagner Mancini) e viene assegnata d’ufficio la Coppa Sudamericana al Chapecoense.
Sul campo però, l’unica consolazione è il calore dei tifosi, avvolto intorno a ciò che rimane dei loro colori. Non hanno potuto gioire dell’impresa in Coppa, ma sono usciti in lacrime alla fine del campionato 2017, dove nonostante tutto la Chapecoense è riuscita a centrare il miglior risultato di sempre con un 8° posto incredibile vista la situazione.
Ma non c’è lieto fine si è detto. Perché dopo un’altra piccola impresa l’anno successivo con una nuova salvezza conquistata all’ultima giornata, la scorsa stagione è chiusa al penultimo posto in classifica. Si torna in Serie B.
A testa altissima ovviamente. Perché tutto è stato fatto. Forse anche qualcosa in più. La Chapecoense voleva entrare nelle pagine di storia del calcio brasiliano, ma è il destino a decidere cosa scrivere.