C’è chi si ostina a chiamarlo solo un “gioco”, ma il calcio è spesso anche qualcosa di molto di più. E’ emozione, è rivalsa, è emancipazione. E’ vita. E quando parliamo di Carlos Caszely, la vita del calciatore si fonde intimamente con la storia del proprio paese, il Cile. Quello dell’esperimento socialista di Salvador Allende del 1973, e quello del golpe di Pinochet nel settembre dello stesso anno.
«El Rey del metro cuadrado»
Ultimo di tre fratelli di una famiglia con chiare origini ungheresi, Carlos Caszely non ha certo vissuto un’infanzia particolarmente agiata. Ma a differenza di molti bravi giocatori che arrivavano dal basso, ha sempre dato una certa importanza anche allo studio, al mantenere una mente sveglia oltre che la gamba veloce.
Perchè di talento in quei piedi ce n’era sicuramente tanto, non a caso il Colo Colo lo prese subito sotto la sua ala e in sei anni riuscì a segnare qualcosa come 66 reti in circa 123 partite giocate. Un gol ogni due di media. Un cecchino d’area di rigore, il suo regno, tanto da coniare un soprannome che suonava come “il Re del metro quadrato”, visto che quando la palla finiva nella sua zona di campo vicino alla porta, il gol era assicurato.
Ma lo studio e il pallone non erano le sole passioni del giovane Carlos. Perchè in un Cile dove stava prendendo vita “l’esperimento socialista” di Salvador Allende, la politica era parte integrante della vita quotidiana. C’era chi si impegnava nelle tante iniziative di quel governo e chi lo sosteneva con i suoi gol in nazionale (che per la cronaca furono 29 alla fine con la maglia della Roja).
Il trasferimento in Spagna e il “Golpe” di Pinchet
Nell’estate del 1973 Carlos viene acquistato dal Levante, allora in seconda categoria spagnola, per quello che doveva essere l’anno del grande salto. Sarà invece quello più terribile. Perché a settembre (sempre l’undici, corsi e ricorsi della storia…) il generale Pinochet guida il golpe che porterà alla morte di Allende.
Un colpo durissimo per Carlos, molto legato al Presidente e alle sue idee, ma soprattutto molto vicino a tutti quelli che da quei giorni in poi sarebbero stati deportati, torturati e uccisi. E nel mentre lui non poteva fare altro che sfogare la sua rabbia nel modo che sapeva fare meglio, facendo gol. Ne realizzò 15 in quella sua prima stagione spagnola, anche se non bastarono a salvare il Levante da una retrocessione in terza divisione.
La «Partita Fantasma» di Santiago
Non bastasse tutto questo, Carlos visse da protagonista (involontario) una delle pagine più brutte del calcio mondiale. Eravamo ancora nei mesi caldi dopo il golpe, ed era il 21 novembre quando a Santiago del Cile il calendario delle qualificazioni ai mondiali del ’74, metteva di fronte il Cile e l’Unione Sovietica per lo spareggio di ritorno (all’andata era finita 0-0).
I dissidenti cileni però stanno ancora pagando lo scotto del cambio di regime, e lo stadio di Santiago era in quei giorni più un campo di tortura che non un santuario del pallone. I russi infatti si rifiutano di giocare quella partita, dopo che la FIFA aveva respinto la richiesta di giocare in campo neutro. E così andò in scena una pagina molto triste per lo sport, con i cileni costretti (volenti o nolenti) ad andare in campo lo stesso, in solitaria presenza segnare una rete nel deserto e poi aspettare il fischio dell’arbitro che sospende definitivamente il match dando la vittoria a tavolino (lo stesso Carlos si vergognò poi di non aver saputo trovare la forza di non scendere in campo).
Il Cile festeggio con tanto di parata quella qualificazione che li portò ai Mondiali di Germania. E lo stesso Pinochet si congratulò con i giocatori prima della partenza. Tutti tranne uno, Carlos Caszely, che non solo rifiutò la stretta di mano del Generale ma proprio nella partita d’esordio (contro i padroni di casa), si fece espellere venendo così di fatto messo in disparte dalla nazionale (e per gli annali anche il primo giocatore a cui veniva mostrato il cartellino rosso ai mondiali).
Il ritorno in Cile
Le altre quattro stagioni vissute in Spagna sono quelle con la maglia dell’Espanyol, in cui Carlos continua a segnare (20 reti in tutto in 46 partite), ma è evidente che il suo cuore è tutto ai momenti difficili che sta passando il suo paese e la sua famiglia (anche la madre aveva subito le angherie del regime di Pinochet).
Il paese è totalmente cambiato da quando era andato via, nulla era più come allora. Tranne la sua area di rigore quando indossava la maglia del Colo Colo. Il ritmo dei gol è ancora più impressionante, forse proprio per quella voglia di rivalsa nei confronti di chi farebbe di tutto per metterlo da parte (o peggio), ma invece è costretto a vederlo segnare anno dopo anno.
Dal 78 all’85 farà in tempo a vincere ancora tre campionati, due coppe del Cile e per tre volte il titolo di capocannoniere, costringendo il regime a permettere anche una nuova chiamata in nazionale per i mondiali di Spagna 1982.
Saranno però una debacle, con il Cile che torna a casa senza nemmeno un punto del girone (contro Germania ovest, Austria e Algeria), e Carlos che sbaglia persino un rigore e viene accusato di averlo fatto apposta (cosa negata più volte dal giocatore).
L’ultima vittoria
Nel 1985 Carlos decide che è ora di togliersi definitivamente la maglia del Colo Colo e appendere le scarpe al chiodo (anche se a dire il vero l’anno successivo giocherà un paio di partite in Equador con il Barcellona), e lo fa con una partita di addio che si tramuta ben presto in una vera e propria manifestazione contro il regime di Pinochet, dove è costretta a intervenire anche la Polizia.
Caszely ha vinto tanto sui campi da calcio in patria, ma se lo chiedete a lui la vittoria più bella arriva qualche anno dopo, nell’ottobre del 1988, quando il paese è chiamato al voto per allungare il mandato a Pinochet. E anche in quel caso Carlos è in attacco, dove è sempre stato, Re di quel metro cuadrato, che questa volta è l’attivismo elettorale, schierandosi in prima fila per il “No”.
E così contro tutte le previsioni (del regime), il popolo cileno si esprime al 55,99% per non andare oltre con Pinochet, costretto così a indire elezioni per l’anno successivo. Solo l’undici marzo del 1990 poi lascerà realmente la carica, ma siamo certi che quel giorno, Carlos Caszely avrà esultato, come durante uno dei suoi 171 gol con la maglia del Colo Colo.